‘Chiesa delle corate’, ‘chiesa delle frattaje’, e anche il poeta Gioacchino Belli la definì ‘museo de corate e de ciorcielli’ in un sonetto dedicato. Per chi non conoscesse il romanesco, tutte queste locuzioni si rifanno agli organi interni, alle interiora. Perché? In questa chiesa si conservano infatti i precordi, ovvero gli organi interni dei papi. La ragione deriva dall’usanza di imbalsamare i capi della chiesa dopo la loro morte. Ma gli organi facilmente decomponibili non potevano far parte del processo: ecco che una volta asportati, venivano riposti in un’urna, e diventavano i ‘precordi’. Per secoli questi contenitori con cuori, intestini e fegati vennero portati presso la chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio e lì custoditi.

Solo nel 1900, con Pio X, questa pratica si interruppe. E dunque in quella che un tempo era Parrocchia Pontificia del Quirinale (il palazzo che oggi è sede del Presidente della Repubblica si trova a due passi, e un tempo era la residenza papale) si cominciarono ad accumulare gli organi interni dei capi della Chiesa. Sono 23 i papi di cui si conservano i precordi nella chiesa accanto alla Fontana di Trevi: due lapidi marmoree all’interno della chiesa portano incisi i loro nomi. Il primo è Sisto V (fine del ‘500) e l’ultimo è Leone XIII (inizi del ‘900): per quattro secoli, dunque, questa parrocchia è stata il singolare luogo di sepoltura di viscere papali.
Le ‘sacre budella’, altro epiteto canzonatorio usato dal linguaggio popolare, sono custodite in una cappella sotto l’altare maggiore, all’interno di contenitori in pietra. Il vano purtroppo non è visitabile, ma continua a rendere la storia di questo luogo di culto curiosa e suggestiva. La chiesa si nota facilmente- se non si è troppo rapiti dalla bellezza della Fontana di Trevi, naturalmente - perché ha una peculiare facciata con molte colonne seicentesche disposte sue due piani. Rispetto alla struttura originale, che era una cappella piuttosto modesta, negli anni la chiesa è stata ampliata e decorata: tutte queste colonne le hanno valso l'ennesimo soprannome, cioè ‘canneto’.